sabato 30 giugno 2012

Pollino, la sequenza sismica prosegue


Attraverso il sismografo installato poco ad ovest rispetto agli epicentri, stiamo monitorando nel dettaglio la sequenza sismica nei pressi del Pollino che prosegue ormai da mesi.
Come detto anche in precedenza, è un tipo di attività in media strumentale. La maggior parte degli eventi infatti si concentra poco a nord di Castrovillari di magnitudo inferiore a 2.0. Tuttavia, nel corso dei mesi passati, non sono mancati eventi anche superiori a 4.0 (ricordiamo lo scorso 28 maggio M4.3).
La zona è sottoposta ad un importante grado di sismicità massima, nonostante il terremoto maggiore che interessò l’area fu di M5.8, un approfondimento di esperti dell’Ingv specifica che “i segmenti di faglia posizionati in questa zona potrebbero rilasciare energia anche superiore rispetto a quanto avvenuto in passato”.
Negli ultimi 5 giorni sono stati circa 30 gli eventi che hanno interessato la zona, molti di magnitudo trascurabile altri compresi tra 1.7 e 1.0, notoriamente con il sismometro di Castrocucco il loro rilevamento risulta più semplice. 

Stati Uniti: in Louisiana i fiumi ribollono!

Misteriose bolle stanno affiorando in superficie lungo i corsi d'acqua a Bayou Corne nello stato della Louisiana,i funzionari stanno cercando di individuarne le cause, che per il momento risultano ancora sconosciute.L'isolito fenomeno e' stato scoperto dai residenti del luogo che hanno visto affiorare in superficie lungo un fiume delle enormi bolle.Alcuni di loro cominciano a preoccuparsi perche' stanno associando l'evento alla serie di smottamenti e crepe che negli ultimi tempi hanno interessato il territorio della citta.infatti diversi abitanti hanno denunciato dei veri e propri spostamenti del sottosuolo che stanno mettendo a repentaglio la stabilita' di alcune abitazioni.Per il momento gli esperti non riescono a trovare una correlazione tra questi due fenomeni che stanno allarmando i residenti della cittadina statunitense.

Il Vesuvio esplodera' con una potenza mai vista!


NEW YORK - "All’improvviso ilVesuvio che sonnecchia dal 1944,esploderà con una potenza mai vista. Una colonna di gas, cenere e lapilli si innalzerà per duemila metri sopra il cratere. Valanghe di fuoco rotoleranno sui fianchi del vulcano alla velocità di 100 metri al secondo e una temperatura di 1000 gradi centigradi, distruggendo l’intero paesaggio in un raggio di sette chilometri, spazzando via strade e case, bruciando alberi, asfissiando animali, uccidendo forse un milione di esseri umani". Lo scenario catastrofico è stato delineato dal professor Flavio Dobran, docente della New York University e ingegnere fluidodinamico prestato alla vulcanologia, che descrive l'eruzione dalla portata distruttiva e che non durerà più di 15 minuti. La sua previsione è frutto di studi accurati sia sull'Etna che sul vulcano partenopeo. L'unica incognita per Dobran resta la data: "Questa purtroppo non possiamo prevederla - precisa il professor Dobran - Certo non sarà tra due settimane, però sappiamo con certezza che il momento del grande botto sia per l’Etna che però il Vesuvio, anche se è su quest’ultimo che i nostri test si sono soffermati con particolare attenzione. La conferma viene dalla storia: le eruzioni su larga scala arrivano una volta ogni millennio. Quelle su media scala una volta ogni 4-5 secoli. Quelle su piccola scala ogni 30 anni. Ebbene, l’ultima gigantesca eruzione su larga scala è quella descritta da Plinio il Vecchio: quella che il 24 agosto del 79 dopo Cristo distrusse Ercolano e Pompei uccidendo più di duemila persone. La più recente eruzione su media scala è quella del 1631, che rase al suolo Torre del Greco e Torre Annunziata, facendo 4 mila morti in poche ore".

venerdì 29 giugno 2012

Una catastrofe planetaria osservata in diretta


L'atmosfera di un pianeta 'strappata via' da una violentissima eruzione avvenuta sulla sua stella: l'evento è stato ripreso in diretta dagli 'occhi' di due osservatori spaziali, i telescopi Hubble e Spitzer. L'ondata di radiazioni che ha portato via parte dell'atmosfera all'esopianeta HD 189733b, distante 63 anni luce dalla Terra, è stata osservata da un gruppo di ricercatori internazionali guidato dal Consiglio nazionale delle ricerche francese (Cnrs) e pubblicata sulla rivista Astronomy and Astrophysics.

Una serie di osservazioni del pianeta HD 189733b e della sua stella, realizzate alla fine del 2011 prima con Spitzer (nei raggi X) e poche ore dopo con Hubble (nel visibile), ha permesso, 'verosimilmente', di assistere in diretta agli effetti prodotti da un'eruzione solare, un fenomeno che avviene anche sul nostro Sole ma con effetti meno drammatici, sull'atmosfera del suo vicinissimo pianeta.

Le osservazioni fatte da Hubble hanno verificato un'anomalia nell'atmosfera del pianeta, un gigante gassoso molto simile a Giove, ma molto vicino alla sua stella (la distanza che li separa è un trentesimo d quella Terra-Sole): un pennacchio di gas prodotto da almeno 1.000 tonnellate di materiale bruciate al secondo. Secondo i ricercatori francesi, il fenomeno, mai visto prima, potrebbe essere strettamente associato a un potente 'flash' di radiazioni a raggi X osservate poche ore prima dal telescopio Spitzer: ''sembra molto probabile che l'evaporazione vista poche ore dopo con Hubble sia stata dovuta proprio all'impatto di questo bagliore'', ha spiegato Peter Wheatley, uno dei responsabili dello studio.

Scoperto nel 2005, l'esopianeta HD 189733b continua così a rimanere al centro dell'attenzione degli astronomi: una serie di studi condotti tra il 2007 e il 2008, tra cui alcuni lavori dell'italiana Giovanna Tinetti, avevano individuato nell'atmosfera di questo cosiddetto ''Giove caldo'' tracce di acqua, metano e anidride carbonica. Una serie di composti, rilevati per la prima volta in un pianeta extrasolare, che hanno spinto alcuni ricercatori a ipotizzare, nonostante la temperatura superficiale di 700 gradi, la presenza di forme di vita.

Anomalia Mar Baltico: Il sonar 3D cattura immagini di pareti stanze e corridoi


Anomalia Mar Baltico: il sonar 3 D cattura immagini di pareti, stanze e corridoi
L’aggiornamento è datato 28 Giugno 2012. La nuova immersione dell’Ocean X Team volta a scrutare le pareti esterne e interne del misterioso oggetto (anomalia) trovato nei fondali marini del Baltico, sta dando importanti novità e grande successo a questa missione. Le ultime news giunte dal co-fondatore del Ocean Team Dennis Asberg, parlano di importanti scoperte, come quella proveniente dal Sonar 3D che ha scndagliato la parte interna di questo misterioso oggetto.  La foto che vedete di seguito mostra corridoi e stanze interne con pareti lisce.
Lo stesso Dennis Asberg commenta cosi la notizia: “Quando abbiamo visto le immagini attraverso il Sonar, ho visto muri che erano lisci e dritti… è stato spaventoso, come in un film di fantascienza”.
Dalle diverse relazioni e le interviste che si sono svolte da parte di TV e Radio da parte dell’Ocean X Team, abbiamo raccolto i seguenti dati dell’anomalia.
- Completamente composta da una piastra circolare esterna.
- 180 metri di circonferenza.
- L’oggetto nella sua base o pilastro a forma di fungo, misura 60 metri di diametro con uno spessore 8 metri che parte dal fondale, con una cupola  di 4 metri di spessore, sulla parte superiore (come una forma di fungo) in aumento per un totale di 12 metri di altezza.
Per rendervi conto di come sia strutturato l’oggetto, ingrandite l’immagine sopra.
Esistono delle cavità-come corridoi e stanze con pareti lisce all’interno dell’oggetto.
- Le pareti dritte e lisce in alcune zone possieodno molti angoli retti.
- Ci sono formazioni visibili sulla parte superiore dell’oggetto, che sono fissati a un angolo di 90 gradi e sembrano passaggi o pareti, così come un qualcosa che sembra… potrebbe essere una scala!!
L’ Oggetto sferico soprannominato “la meringa” (foto sopra) è di 4 metri di larghezza e si siede sulla parte superiore dell’oggetto.

Archeologi scoprono nuovo monumento Maya con iscrizioni che fanno riferimento al 2012

Gli archeologi che lavorano nel sito di La Corona in Guatemala hanno scoperto un vecchio  testo Maya di 1300 anni che fornisce solo il secondo riferimento noto alla cosiddetta “data finale” per il calendario Maya il 21 dicembre 2012. La scoperta, uno dei più significativi geroglifici trovati in decenni, è stata annunciata  al Palazzo Nazionale in Guatemala.


“Questo testo parla dell’ antica storia politica piuttosto che della profezia”, dice Marcello A. Canuto, Direttore del Tulane americano per il Medio Research Institute e co-direttore degli scavi presso le rovine Maya di La Corona.”Questa nuova prova suggerisce che la data 13 Bak’tun è stato un evento calendariale importante che sarebbe stato celebrato da antichi Maya, tuttavia, essi non fanno profezie apocalittiche di sorta per quanto riguarda la data”.
La Corona per molti decenni è stata conosciuta come l’enigmatico “Sito Q”, la fonte di molte sculture saccheggiate la cui sorte era rimasta un mistero fino alla sua riscoperta,solo quindici anni fa. Negli ultimi cinque anni, Marcello A. Canuto e Tomás Barrientos Q. (Direttore del Centro de Investigaciones y Arqueologicas Antropológicas presso l’Universidad del Valle de Guatemala) hanno diretto La Corona Archeologico Regionale Project (PRALC), che ha studiato questa intrigante  città Maya e i suoi dintorni nella giungla.
Nel 2012, Canuto e Barrientos hanno deciso di scavare davanti a un edificio che era stato gravemente danneggiato circa 40 anni fa da saccheggiatori in cerca di pietre scolpite e tombe. ”L’anno scorso, ci siamo resi conto che i saccheggiatori di un particolare edificio aveva scartato alcune pietre scolpite,  ha detto il co-regista Barrientos “, quindi sapevamo che hanno trovato qualcosa di importante, ma abbiamo anche pensato potrebbero aver perso qualcosa. “In effetti, nel 2012, gli scavi non solo hanno permesso di recuperare più di 10 pietre con geroglifici scartati, ma anche qualcosa che i saccheggiatori  hanno lasciato incontaminato, con una serie di 12 pietre squisitamente intagliate ancora nella loro posizione originale (in totale , 22 pietre intagliate sono state recuperate). In combinazione con i blocchi saccheggiati, la scala originale  aveva un totale di non meno di 264 geroglifici, che lo rende uno dei più lunghi testi antichi Maya conosciuti, e il più lungo in Guatemala.
Archeologi Maya scoprire nuova 2012 monumento
Mentre la squadra di archeologi ha studiato come e quando questa scala particolare è stata costruita, il dottor David Stuart, direttore del Centro Mesoamerica dell’Università del Texas a Austin ha intrapreso la decifrazione dei tanti nuovi testi geroglifici. Stuart faceva parte della prima spedizione archeologica a La Corona nel 1997,che si è occupata  della  ricostruzione della storia del sito.L’iscrizione della scalinata si riferisce a 200 anni di storia politica di La Corona, ai suoi alleati e ai suoi nemici.Coerentemente con questi temi, alcune di queste pietre ritraggono governanti in varie pose ad accettare omaggi, scene di  danza, e a prepararsi a giocare al ballgame Maya.
Un’altra scoperta del tutto inaspettata è stata fatta su un altro blocco che porta 56 geroglifici finemente scolpiti. Stuart  ha riconosciuto che commemorava la visita reale a La Corona in AD 696 del sovrano più potente Maya di quel tempo, Yuknoom Yich’aak K’ahk ‘di Calakmul (che si trova nella moderna Campeche, Messico), noto anche come Fuoco Claw o Jaguar Paw. Calakmul era stato un regno molto potente per secoli sino a quando il suo re fu sconfitto in battaglia dal suo rivale di lunga data Tikal (che si trova nella moderna Peten, Guatemala) il 3 agosto, 695. ”Gli studiosi avevano ipotizzato che il re Calakmul è morto o è stato catturato in questo impegno”, dice Stuart, “ma questo nuovo testo straordinario  ci dice il contrario.”
Archeologi Maya scoprire nuova 2012 monumento
Si scopre che il re Calakmul  fu sconfitto e non fu né ucciso né catturato, infatti, sulla scia della sua sconfitta ingloriosa, era in visita a La Corona con gli alleati di fiducia,forse per dissipare i loro timori dopo la sua sconfitta. Perché il riferimento all’anno 2012? Non prevede una profezia di quello che verrà? No, il riferimento a questo importante appuntamento ha molto più a che fare con gli eventi del 7° piuttosto che del 21 ° secolo.
La chiave per comprendere il riferimento al 2012 è un titolo unico che questo re Calakmul dona a se stesso. Nel testo, si chiama ” signore13 K’atun “, cioè, il re che ha presieduto e celebrato una conclusione importante del calendario, il ciclo di 13 K’atun (9.13.0.0.0). Questo evento era accaduto pochi anni prima in AD 692. Al fine di esaltare  ancora di più la sua figura e  il suo regno e proittarsi in una dimensione eterna, si collega in avanti nel tempo a quando il prossimo periodo superiore del calendario Maya, avrebbe raggiunto lo stesso numero 13, cioè 21 dicembre 2012 (13,0 .0.0.0).
Archeologi Maya scoprire nuova 2012 monumento
Il riferimento al 2012 è servito a proiettare il regno di questo re  in un più ampio contesto cosmologico. ”Questo era un momento di grande agitazione politica nella regione Maya e questo re si sentì obbligato ad  alludere a un più ampio ciclo di tempo che arriva alla fine del 2012″, dice Stuart. Questa evidenza è coerente con l’unico altro riferimento alla data del 2012 delle antiche iscrizioni Maya nel Monumento 6 di Tortuguero, in Messico. ”Questo testo ci mostra che in tempi di crisi, gli antichi Maya hanno usato il loro calendario per promuovere la continuità e la stabilità, piuttosto che prevedere l’apocalisse”, dice Canuto.
Il progetto continua a studiare e registrare queste pietre scolpite di recente, le quali  registrano altri episodi importanti dell’antica storia dei Maya. Inoltre, il progetto prevede di continuare a lavorare sul campo a La Corona,sotto la direzione della  Tulane University e l’Universidad del Valle de  , sostenuta dal Ministero della Cultura del Guatemala

Ricordo ai visitatori di pianetablu news che su facebook è stata creata la pagina pianeta blu in cui vengono riportati gli articoli di pianetablu news ed anche altre notizie.Se la pagina è di vostro gradimento cliccate in alto a destra sul bottone mi piace e fatela conoscere anche ai vostri amici per aiutarla a farla crescere.

Canarie: paura tra i residenti di El Hierro, l'isola si sta sollevando!

Dopo giorni di continui terremoti, i residenti delle Isole Canarie ed in particolare gli abitanti di El Hierro vivono nel terrore di una eruzione vulcanica Secondo il National Geographic Institute spagnolo, un intenso sciame sismico sta scuotendo l'isola e sembra gradualmente aumentare di forza dallo scorso 25 giugno. Circa 750 terremoti sono stati registrati alcuni sono stati abbastanza forti da essere avvertiti distintamente dai residenti. L'isola è stata posta in stato di allerta giallo, dal comitato di sicurezza responsabile delle operazioni La più forte scossa finora registrata e' stata di intensita' pari al 4,0 sulla scala Richter avvenuta Mercoledì 27 giugno. Ma la cosa piu' spaventosa per i circa 10.000 abitanti è il fatto che l'isola si stia rigonfiando sollevandosi secondo le misure, di cinque centimetri in quattro giorni. Considerando che l'attività vulcanica del 2011 si sviluppo' in mare, questa volta il magma sembra che stia risalendo proprio sotto l'isola. Gli scienziati stanno cercando di capire in base agli epicentri dei sismi dove questo processo di inflazione magmatica avra' sfogo un eruzione vulcanica a questo punto e' sempre piu' probabile.

Nuova Zelanda, salgono le quotazioni per un terremoto di M8.0 entro soli 30 anni


L’università del Nevada e la società GNS, hanno rivelato un importante studio legato alla sismicità della Nuova Zelanda. Secondo quanto appreso dagli stessi infatti, la parte meridionale dell’Isola è interessata statisticamente ad una scossa di magnitudo 8.0 ogni 330 anni in media.
Una serie di faglie infatti corrono lungo il terrazzo fluviale di Hokuri Creek, nei pressi del lago McKerrow.
L’ultimo importante terremoto che colpì l’area fu nel 1717, per cui giudicando i tempi di ritorno sarebbero i prossimi 30-40 anni quelli in cui potrà avvenire una nuova forte scossa di tale proporzione(M8.0).
Uno dei principali artefici di questa ricerca è Richard Norris, del dipartimento di Geologia dell’università di Otago. Ha parlato ai microfoni delle testate locali poco dopo che sono stati emanati i dati sopra descritti.
“Molte delle principali città della Nuova Zelanda potrebbero risentire fortemente di un sisma che probabilmente avverrà in futuro” – spiega – “Non possiamo ovviamente definire tempi esatti, ma la stima storica della magnitudo massima che possono raggiungere i terremoti dell’area sono un dato allarmante in questo senso”.
Non possono certo stare solo a pubblicare le ricerche gli esperti che, a questo punto, dovrebbero cominciare ad essere anche ascoltati dalle autorità locali in modo da prevenire eventuali disastri.
La “faglia alpina”, così chiamata dai sismologi di tutto il mondo, consegue dei rilasci di energia piuttosto intensi durante l’anno. Mediamente la sismcicità locale si attesta anche a 4.5/4.8 nei momenti di tensione importante.
“Non per forza il terremoto avverrà subito, il ritorno potrebbe avvenire anche entro i prossimi 100 anni ma è bene imparare a conoscere i pericoli delle nostre terre”. Così, il professor Kelvin Berryman, dice ad una televisione nazionale , concludendo che “sebbene l’intensità che abbiamo a grandi linee previsto sia notevole, una forte scossa di questa portata non ci sorprenderebbe più di tanto”.

mercoledì 27 giugno 2012

Uno documento nascosto prevede migliaia di vittime in caso di terremoto tra Calabria e Sicilia!


Un documento firmato dai più autorevoli sismologi italiani, sottoscritto anche dall'Ingv, spiega che il "Big One italiano" potrebbe colpire la zona dello Stretto e provocare una strage. Dovuta non alla potenza dell'evento, ma a scelte dissennate in fatto di edilizia e urbanistica. Ma la ricerca è introvabile e sul web ne compare una versione censurata


Un terremoto tra Messina e Reggio Calabria potrebbe provocare “decine di migliaia di vittime”. Uccise non dalla fatalità ineluttabile del sisma, ma dalle scelte umane – e politiche – in fatto di edilizia e urbanistica. Lo scenario è contenuto in un documento ufficiale firmato da sedici sismologi con tanto di marchio dell’Ingv, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, e dell’Eucentre, il Centro europeo di ingegneria sismica con sede a Pavia, considerato un’eccellenza mondiale nel suo campo. Tra gli esperti che hanno curato lo studio figura Rui Pinho, portoghese trapiantato in Italia, oggi responsabile di Gem, un progetto mondiale di prevenzione del rischio sismico. Insomma, la previsione della strage non proviene da outsider improvvisati, ma dalle massima autorità scientifiche in fatto di terremoti.

Lo studio risale al 2008, ma non c’è speranza di trovarlo su internet. E’ stato pubblicato per il grande convegno internazionale di Messina che ricordava il centenario del sisma che devastò la città dello Stretto nel 1908, provocando 86mila morti, per lo più persone colte in casa nel sonno poco dopo le cinque del mattino. Il booklet del professor Pinho dei colleghi non compare tra il materiale del convegno pubblicato sul web. Di più, sul sito dell’università di Messina compare una versione più tecnica della stessa ricerca, ma le stime sul “costo della riparazione del danno” e sulle “vittime a causa del collasso strutturale” sono cancellate da una serie di “X”. E se, come pare, il numero di X corrisponde al numero di cifre cancellate, si parla di miliardi di euro e, appunto, decine di migliaia di morti (guarda il documento). 

Le stime sono state nascoste e l’allarme è caduto nel vuoto. Nella sponda siciliana e, soprattutto, su quella calabrese, come dimostra la videoinchiesta di ilfattoquotidiano.it. E come dimostra la triste sorte del monumentale “Rapporto Barberi”, la valutazione della “vulnerabilità sismica” di oltre 40 mila edifici pubblici – a partire dalle scuole – nelle regioni del centrosud a maggiore rischio sismico. Lo studio risale al 1997-1998, fu pubblicato nel 2001 e distribuito a tutte le amministrazioni comunali interessate. Di anno in anno diventa più datato, pur essendo rimasto in larghissima parte disatteso (guarda il videoreportage dalla Calabria di ilfattoquotidiano.it). Ma periodicamente la terra si incarica di ricordarci che in Italia il rischio di sismi devastanti è concreto. Com’è successo di recente in Emilia e Lombardia.

martedì 26 giugno 2012

Terremoto atteso nello Stretto”. E la Calabria annacqua le norme antisismiche


Sta facendo il giro della rete il documento scovato ieri da Il Fatto Quotidiano (link in fondo, come sempre) e firmato dai più autorevoli sismologi secondo il quale unterremoto distruttivo potrebbe colpire la zona dello Stretto di Messina, fra Calabria e Sicilia provocando un’autentica stragedovuta non solo e non tanto alla potenza della scossa ma soprattutto a scriteriate scelte urbanistiche ed edilizie.
Ebbene, ci crediate o no: pochi giorni fa la Regione Calabria ha “annacquato” la normativa antisismica regionale, suscitando le ire dell’Ordine dei Geologi.
In sostanza, Il Fatto Quotidiano parla di un documento ufficiale con tanto di marchio dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) e dell’Eucentre, il Centro europeo di ingegneria sismica con sede a Pavia, considerato un’eccellenza mondiale nel suo campo. Si intitola “Dal terremoto di Messina 1908 alla valutazione di scenari di danno nel 2008”
Fu pubblicato appunto nel 2008, in occasione di un convegno internazionale per il centenario del terremoto che devastò Messina (86 mila morti) ma, dice il Fatto, quello studio non compare fra il materiale del convegno, per il resto tutto reperibile sul web.
Sul sito dell’Università di Messina c’è solo una versione più tecnica del documento e con degli omissis, nel senso che
le stime sul “costo della riparazione del danno” e sulle “vittime a causa del collasso strutturale” sono cancellate da una serie di “X”. E se, come pare, il numero di X corrisponde al numero di cifre cancellate, si parla di miliardi di euro e, appunto, decine di migliaia di morti
Come sempre, danni e vittime potrebbero essere ridotti da un’edilizia antisismica degna di questo nome.
La Calabria, la dirimpettaia di Messina al di là dello Stretto, ha approvato un paio di settimane fa alcune modifiche alla legge antisismica regionale che doveva entrare il vigore nel 2010 e che, causa precedente proroga, sarà applicata dal primo luglio.
In sostanza grazie alla modifica sono previste verifiche di conformità sismica su tutti i progetti (bene), ma solo tra 18 mesi (malissimo). Il Consiglio nazionale del geologi si è arrabbiato. Ha emesso un comunicato in cui analizza la situazione calabrese e poi tira le somme:
Riteniamo (…) doveroso ribadire e ricordare a chi palesa la propria insofferenza al sistema di controlli ed alle procedure previste dalla nuova Legge sismica Regionale e che, nell’attuale, a dir poco lacunoso, sistema di controlli, opera con disinvoltura e leggerezza, che il mancato rispetto di quelle regole potrebbe comportare un giorno conseguenze catastrofiche!
L’aggettivo e il punto esclamativo finali ce li hanno messi loro, non io. Del resto che Sicilia e Calabria siano regioni particolarmente ballerine in un’Italia quasi tutta ballerina è noto e stranoto. Ma a volte sembra che all’Italia piaccia farsi del male.

lunedì 25 giugno 2012

“Il sisma non si prevede, ma si previene. In Calabria e Sicilia allarmi inascoltati”

Romano Camassi, sismologo dell'Ingv e storico dei terremoti, racconta che l'area tra le più sismiche in Italia ha già subito eventi catastrofici con decine di migliaia di vittime. "Impossibile sapere quando si ripeteranno, ma le amministrazioni locali non hanno fatto nulla sul fronte dell'edilizia e dell'urbanistica"
  In Calabria centrale e meridionale si è verificata una delle sequenze più forti della storia sismica italiana, tra l’inizio di febbraio e la fine di marzo del 1783. Il 5 febbraio iniziò una sequenza gigantesca, una serie di terremoti intorno a magnitudo 7. Località come Oppido Mamertina, Santa Cristina d’Aspromonte e Bagnara Calabra furono completamente rase al suolo. Le vittime sono stimate in circa 30 mila”. Romano Camassi è un sismologo dell’Ingv di Bologna, nonché responsabile di Edurisk, un progetto educativo per la riduzione del rischio. Ed è anche un esperto in storia dei terremoti, una disciplina non solo affascinante, ma fondamentale per valutare il rischio sismico, andando a recuperare dati di epoche in cui i sismografi non esistevano.
“Non mi piace il termine Big One, perché finisce per mitizzare eventi di energia elevata, certo, ma decisamente più piccoli di terremoti che si verificano in altre parti del mondo e dai quali ci si può proteggere benissimo. E poi Calabria e Sicilia sono caratterizzate non da grandi terremoti isolati, ma da ‘grappoli’ di scosse a distanza di mesi o anni”, premette Camassi. Lo stesso terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908, con magnitudo momento stimata in 7,1, fu preceduto “da un terremoto di magnitudo 7 in Calabria centrale l’8 settembre 1905, e da un altro forte terremoto nell’ottobre del 1907”. Negli annali resta anche “una sequenza altrettanto drammatica nella Calabria centrale e nel crotonese fra il marzo e il giugno 1638, con magnitudo intorno a 7 e un impatto gigantesco”.
Proprio i dati storici dovrebbero convincere i politici e gli amministratori locali a scelte edilizie e urbanistiche in linea con il livello di rischio. Perché Camassi conferma il potenziale distruttivo tra Messina e Reggio se un sisma analogo a quello del 1908 dovesse ripetersi. Ma spiega anche che a Tokyo, città antisismica per eccellenza, lo stesso identico evento produrrebbe un ordine di grandezza di morti largamente inferiore. “E non è un allarme di oggi”, aggiunge. “Sono zone che gli esperti studiano da tempo, e numerose ricerche confermano quel grado di rischio, anche per altre città calabresi e siciliane”.
Anche Camassi è convinto che, allo stato delle conoscenze, chiunque affermi di poter prevedere il momento in cui un terremoto si verificherà sia sostanzialmente un ciarlatano. L’unica prevenzione possibile, di conseguenza, consiste nella mappatura del rischio, nei piani d’emergenza, nell’educazione della popolazione e nella riduzione della vulnerabilità sismica di edifici pubblici e privati. Perché “un sisma come quello del 1908 potrebbe verificarsi tra un anno, tra dieci o tra cento. Ma in contesti urbani anche scosse molto meno intense, tra i 5,5 e 6, possono fare molti danni”. Soprattutto in contesti come quelli della Sicilia, “o peggio della Calabria, dove ho visto anche scuole in condizioni disastrose . Tutte le amministrazioni comunali del centro-sud hanno ricevuto una dozzina di anni fa il Rapporto Barberi sulla vulnerabilità sismica degli edifici pubblici. E’ finito direttamente in archivio”.

L’eruzione del super-vulcano dei Campi Flegrei di 39.000 anni fa avrebbe estinto l’uomo di Neanderthal!


Secondo un recentissimo studio scientifico, sarebbe stata una violenta eruzione del super-vulcano dei Campi Flegrei, 39.000 anni fa, a provocare l’estinzione dell’uomo di Neanderthal!
Secondo gli studiosi, quella della caldera dei Campi Flegrei di 39.000 anni fa, infatti, è stata l’eruzione in assoluto più violenta della storia d’Europa, almeno negli ultimi 200.000 anni, e si verificò proprio quando l’uomo di Neanderthal popolava in modo diffuso il Mediterraneo centro/orientale. Per approfondire l’argomento, gli esperti hanno misurato in 115 località della Campania gli strati di enere nel sottosuolo, e hanno analizzato questi dati in 3D con modernissime elaborazioni dei computer più potenti del mondo. Hanno così scoperto che la violentissima eruzione di 39.000 anni fa avrebbe eruttato tra 250 e 300 chilometri cubi di cenere in 3,7 milioni di chilometri quadrati di atmosfera, una quantità davvero incredibile!
Questi dati sono stati pubblicati online il 30 maggio dalla rivista Geophysical Research Letters, e spiegano che quella super-eruzione ha diffuso fino a 450 milioni di chilogrammi di velenoso biossido di zolfo nell’atmosfera. Le particelle avrebbero, inoltre, oscurato il sole determinando un crollo delle temperature tra 1 e 2°C in tutto l’emisfero nord per due o tre anni, con gravissime conseguenze sull’ambiente (per fare un confronto, l’eruzione del 1991 del Pinatubo ha ridotto le temperature globali di 0,5°C per circa sei mesi!
Antonio Costa, vulcanologo dell’Università di Reading in Inghilterra e dell’Ingv, ha detto a OurAmazingPlanet che “l’eruzione avrebbe reso le condizioni climatiche e ambientali ancora peggiori per le popolazioni di Neanderthal, soprattutto per il freddo, determinandone così la sparizione dal pianeta“.
Un’altra ipotesi è che questi ominidi avrebbero mangiato materiale vegetale intriso di ceneri velenose provenienti dall’eruzione, e quindi siano così morti avvelenati. Non è da escludere ancora, che le  emissioni di biossido di zolfo, fluoro e cloro dal vulcano avrebbero potuto generare  intense piogge acide.
Gli studiosi adesso vogliono fare chiarezza su altre super-eruzioni della storia, come l’esplosione di 75.000 anni fa a Toba e quelle di Yellostone. Chissà che non ne venga fuori qualche altro clamoroso risultato!

Il Mediterraneo sta diventando più attivo?


A partire dal 2001 ad oggi ci sono forti segnali per essere certi che tutta l’area del Mediterraneo stia diventando più attiva sia dal punto di vista sismico che vulcanico rispetto al recente passato.
Questa storia comincia sull’Etna nel 2001 l’analisi chimica dei campioni di magma emessi dall’ultima eruzione del 2001 ha dimostrato la presenza di un minerale che non era presente sulla superficie terrestre da oltre 15.000 anni.
Mentre l’anno successivo anche il sistema vulcanico di Panarea,che non ha attività eruttive da 10.000 anni ha dato segnali di evidente risveglio.
L’area vulcanica di Panarea sembrava spenta ma le rivelazioni oggi sono una conferma, dopo gli eventi del 2002, che invece è ben attiva.
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, infatti, riferisce che il vulcano Panarea “si deforma” con variazioni di “alcuni millimetri” l’anno in senso orizzontale e verticale, ma e’ gia’ dal 2002 che gli scienziati hanno verificato che il vulcano che sembrava tranquillo non era affatto spento.
In quella notte del novembre 2002, dopo un piccolo sciame sismico di bassa magnitudo rilevato solo dal sismografo installato sull’isola di Panarea, i ricercatori si sono accorti che l’area vulcanica era ancora ben attiva.

Quella notte del 2002, si verifico’, ricorda l’Ingv, “un’intensa attivita’ di degassamento in prossimita’ degli isolotti di Lisca Bianca e Bottaro. L’attivita’ esalativa ha avuto inizio con 5 zone di forte emissione gassosa a profondita’ variabili da 8 fino a circa 30 metri. L’emissione di gas e’ stata cosi’ intensa che l’odore di acido solfidrico (H2S) era percettibile a grandi distanze”. “L’effetto visibile il giorno dopo -ricordano ancora gli scienziati- era il ribollire dell’acqua di mare in prossimita’ dell’isolotto di Bottaro, che rimuoveva un’enorme quantita’ di sedimento evidenziato dalla scia biancastra trascinata via dalla corrente”. “Il cratere che si era formato, di 20metri per 10 e profondo 7metri, emetteva -proseguono gli esperti dell’Ingv- un’enorme quantita’ di gas, stimata in alcuni milioni di metri cubi al giorno, qualche centinaio di volte superiore al normale regime di degassamento di tutta l’area sommersa tra gli isolotti ad Est di Panarea. Ed il gas emesso era tiepido e non aveva modificato la temperatura dell’acqua di mare circostante”. Ma oltre al cratere, ricordano ancora gli scienziati dell’Ingv, “si aprirono fratture sul fondo tra Bottaro e Lisca Bianca emettendo quantita’ crescenti di gas e in qualche caso anche acqua calda. L’estendersi in lunghezza delle fratture e’ proseguito, lentamente, per alcune settimane”. Gli scienziati hanno eseguito immediatamente “profili verticali di temperatura per stabilire “se fosse emesso solo gas o anche altri fluidi idrotermali”. “Le temperature misurate, mostrando valori costanti dalla superficie fine al fondo, hanno permesso di stabilire subito -spiegano dall’Ingv- che l’attivita’ era essenzialmente di degassamento in assenza di fluidi caldi, anche se piccole quantita’ di acqua termale risalivano assieme al gas”.
Come le altre isole dell’arco eoliano, anche Panarea è la parte emergente di un vulcano che si sviluppa principalmente sott’acqua fino a profondità tra -1200 m e -1700 m. La forma del vulcano, nel suo insieme, è quella di un tronco di cono con la parte sommitale pianeggiante posta un centinaio di metri sotto il pelo dell’acqua, dalla quale emergono Panarea, Basiluzzo, Dattilo e altri scogli più piccoli.
La parte emersa dovrebbe essersi costruita, tra 200.000 e 10.000 anni fa, con i prodotti di eruzioni suddivisibili almeno in tre principali fasi, denominate stadio di paleo-Panarea, stadio intermedio seguito, dopo un periodo di inattività, dallo stadio finale.

L’ipotesi che un centro eruttivo potesse trovarsi in corrispondenza degli scogli a Est dell’isola, si basa sulla disposizione a semicerchio di Panarelli, Dattilo, Lisca Nera, Bottaro e Lisca Bianca e sulla presenza all’interno di quest’area di una depressione circolare interessata da attività fumarolica.
I resti di altri due crateri possono essere riconosciuti sull’isola in corrispondenza di Cala Bianca e tra Scoglio La Nave e Punta Scritta, sul lato Nord-occidentale della costa.
Passiamo all’anno successivo e scopriamo le recenti osservazioni scientifiche hanno fatto capire che l’attività dell’Etna ha cominciato a cambiare.
Un flusso di lava calda dell’Etna durante l’eruzione del 2001.
L’inusuale violenza dell’eruzione dell’anno successivo (ottobre 2002), con fontane di lava alte fino a 1 km, polveri e gas sembrano dire che il vulcano sta cambiando e non attinge più soltanto dalle profondità del mantello.
Studiando la composizione del suo magma, Pierre Schiano, Roberto Clocchiatti, Luisa Ottolini e Tiziana Busà hanno infatti scoperto che l’Etna sta attraversando una fase di transizione, che lo sta facendo diventare un tipo di vulcano diverso, con un’attività più intensa ed esplosiva.

Da questo periodo si passa all’anno 2008,anno in qui è iniziato un grande Minimo Solare di come non se ne vedevano da almeno 3 secoli e anche l’attività dell’Etna e dello Stromboli cominciano a cambiare.
Il 13 maggio 2008 sull’Etna inizia una fase caratterizzata da attività eruttiva piuttosto intensa. Si apre una frattura a quota 2800 m, alla base orientale del cratere di nord-est. Si tratta di attività vulcanica stromboliana con emissione di flussi lavici ben alimentati, che si riversano nella Valle del Bove.
L’eruzione a cavallo tra il 2008 ed il 2009 è stata l’eruzione più lunga degli ultimi 10 anni fatta eccezione per la famosa eruzione del 1991/93 che ha avuto una durata di 473 giorni contro i 418 giorni di quest’ ultimo evento.
Anche lo Stromboli con l’arrivo del Minimo Solare ha cambiato la sua attività.
Lo Stromboli è un vulcano esplosivo che erutta circa ogni ora, ma il 7 settembre 2008 la normale attività è stata interrotta da un evento di maggiore intensità.
Proprio da questo avvenimento, nasce uno studio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con l’Università di Wurzburg, in Germania e l’Univeristà di Bari.
Si tratta di una ricerca, da poco pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale “Journal of Geophysical Research” e dal titolo “The 7 September 2008 Vulcanian explosion at Stromboli volcano: Multiparametric characterization of the event and quantification of the ejecta”, che ha permesso di calcolare che il rilascio di energia cinetica degli eventi eruttivi “maggiori” è almeno dieci volte più alto di quello registrato nel corso dell’attività esplosiva persistente, che caratterizza questo vulcano.”
Successivamente nel 2009 abbiamo avuto il forte terremoto all’Aquila.
Il terremoto dell’Aquila del 2009 consta di una serie di eventi sismici, iniziati nel dicembre 2008 e non ancora terminati, con epicentri nell’intera area della città, della conca aquilana e di parte della provincia dell’Aquila.
La scossa principale, verificatasi il 6 aprile 2009 alle ore 3:32, ha avuto una magnitudo momento (Mw) pari a 6,3 (5,8 sulla scala della magnitudo locale), con epicentro alle coordinate geografiche 42°20′51.36″N 13°22′48.4″E ovvero nella zona compresa tra le località di Roio Colle, Genzano e Collefracido, interessando in misura variabile buona parte dell’Italia Centrale. Ad evento concluso il bilancio definitivo è di 308 vittime, oltre 1600 feriti.
Da qui i segnali di attività nell’area delle Eolie continuano anche a Lipari nella quale sembra che negli ultimi anni ci sia una certa attività sismica,forse legata al movimento del magma all’interno del sistema vulcanico.
Negli ultimi anni l’isola di Lipari è stata interessata da cospicui terremoti come quello che nel 2010 di i 4.5 gradi causò un’imponente frana.
L’epicentro del sisma, secondo l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, è stato in mare, a 19 chilometri di profondità e a sei chilometri da Lipari. ”Un terremoto superficiale”, lo definiscono gli esperti, che rappresenta un’anomalia per la zona ”abituata” a eventi sismici profondi.
Anche ieri infatti un terremoto di 3.4 è stato registrato poco dopo le 2 di notte dai sensori della Rete Sismica Nazionale dell’INGV nel distretto delle isole Lipari. Il terremoto è avvenuto ad una profondità di 16,5 Km ed è stato avvertito nei comuni di Leni, Lipari e Santa Maria Salina nel Messinese.
“Negli ultimi giorni al largo delle isole Eolie si sono infatti verificati ben tre eventi sismici.
Il primo è stato registrato il 24 aprile alle 18.35. L’evento è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia nel distretto sismico: Isole_Lipari con una magnitudo 2.8 gradi della scala Richter.
La scossa è stata segnalata a 130 chilometri di profondità e ha interessato i comuni di Leni, Lipari, Malfa, Santa Marina Salina, tutti nel messinese.
Un’altra scossa di maggiore entità, di magnitudo 3.4 gradi della scala Richter, è stata registrata ieri 25 aprile alle 2.42 del mattino. Il distretto sismico interessato dall’evento è stato lo stesso della prima scossa, il distretto Isole_Lipari, stavolta però ad una profondità di soli 16,5 chilometri.
Un’ultima scossa è stata infine registrata dall’INGV stamattina alle 7.40. Il distretto sismico è sempre quello denominato Isole_Lipari.”
A LIPARI si trovano molti crateri di vulcani spenti da secoli, la parte vulcanica più appariscente sono le cave di pomice, un materiale leggero ed inerte bianco che conferisce ad alcune zone un aspetto lunare. E poi tracce ovunque di fenomeni vulcanici, come alle fumarole del Caolino, la bocca di aria calda a Piano Greca, le Terme di San Calogero.
Qualcosa nell’attività delle Eolie stà chiaramente cambiando.
Nel corso del 2011-2012 l’attività dell’Etna si era intensificata con una forte frequenza delle sue eruzioni e un’incremento dell’attività sismica.
A maggio infine è arrivata la scossa in Emilia,in’area prima ipotizzata inattiva,di magnitudo 6,1 in Emilia,il più forte da 5 secoli.
Fatto interessante è che questa sorta di riattivazione dell’attività geologica del Mediterraneo sembra propagarsi con la spinta dell’Africa,da sud verso Nord.
E fatto ancor più incredibile è quanto stà accadendo al sottosuolo dell’Emilia Romagna.
Particolarmente impressionanti i rilievi geochimici a Medolla, dove sono state riscontrate delle anomalie di temperature e flussi di metano. Il mais cresce meno rispetto ad altre zone circostanti, la temperatura nei primi strati del sottosuolo è di +44°C e i topi stanno morendo.
Impressionanti anche le fratturazioni superficiali e la liquefazione nelle campagne nei pressi di San Carlo, e le immagini dei danni a Rovereto sulla Secchia, Novi di Modena, Cavezzo, Moglia, Concordia e anche al Castello di Galeazza (Bologna) e alle Torri di Bologna, costantemente monitorate.
Questo stesso anno si è avuta la riattivazione in Grecia del vulcano Santorini,che ha dato lampanti segni di attività.
Il bacino vulcanico di Santorini sta mostrando segni di ripresa dell’attività vulcanica. Secondo i ricercatori del Georgia Institute of Technology,gli strumenti di ricerca satellite suggeriscono che un accumulo di circa 14 milioni di metri cubi di lava ad una profondità di 5 chilometri si sia svolto tra settembre e gennaio scorso.
Mentre un’altro vulcano in Italia che stà dando segni di importanti attività in quanto non erutta da 10.000-20.000 anni è il sistema vulcanico dei Colli Albani che da decenni si stanno sollevando sotto la spinta di volumi di magma in accumulo nella camera magmatica.

In particolare un pericolo potrebbe essere rappresentato dal Lago di Albano.
Le frequenti deboli scosse sismiche e l’innalzamento del terreno di 30cm negli ultimi 40 anni sono altri fattori che testimoniano l’attività dell’edificio vulcanico. La zona è sotto monitoraggio continuo ma quello che impensierisce in particolare gli esperti sono, appunto, le recenti ricostruzioni in 3D dei fondali del Lago Albano, perché hanno evidenziato la presenza di frane sommerse che potrebbero dar luogo a un violento rollover.
“Per questo monitoriamo di continuo la temperatura del lago utilizzando dei sensori posti fino a 160 metri di profondità, vicino al cratere più giovane” dice Maria Luisa Carapezza, vulcanologa dell’INGV. “Ogni tre mesi, invece, effettuiamo l’analisi sull’acidità delle acque, che è indice indiretto sull’aumento di anidride carbonica”. Il monitoraggio del ph però si fermerà a breve per mancanza di fondi.
E non si sa con quali conseguenze.
Mentre più a Sud c’è pensare anche sul Vesuvio e i Campi Flegrei.
Questi ultimi hanno fatto sentire un importante segnale nel lago di Averno nei mesi scorsi.
”Sono morti per mancanza di ossigeno e non per fattori di inquinamento i pesci del Lago d’Averno”. Lo afferma l’assessore all’Ambiente della Regione Campania Giovanni Romano, alla luce delle analisi dell’Arpac che aveva provveduto a sollecitare proprio al fine di far luce sulla questione. ”A determinare il decesso di alcune specie – aggiunge Romano – sono state la presenza di idrogeno solforato, che deriva dall’attivita’ vulcanica sottostante il lago, e la contemporanea crescita delle microalghe.
Come si è visto pare che l’attività vulcanica nel Mediterraneo sia aumentata nell’ultimo decennio,stessa cosa vale per l’attività sismica,
Nei prossimi decenni si potrebbe sperimentare un significativo incremento dei forti terremoti anche in aree prima non considerate sismiche,mentre non è da escludere la riattivazione di nuovi sistami vulcanici prima quiescienti da secoli o anche millenni.

Vulcano sottomarino El Hierro, sale la tensione: 40 terremoti in 5 ore. Esperti preoccupati

Da questa mattina poco dopo l’alba fino ad ora, circa 40 scosse di terremoto hanno interessato Valverde, uno dei promontori appartenente alle Isole Canarie.  Sale la tensione per una possibile ed importante eruzione del vulcano sottomarino El Hierro, tanto che le autorità stanno provvedendo ad installare nuove webcam ed altri siti di monitoraggio affinché un evento importante possa essere ampiamente anticipato.
Uno dei sismologi dell’area parla così ai microfoni di una testata locale:”Sono troppe scosse, troppe per essere di normale controllo. Ci stiamo azionando per fare in modo che tutto possa andare bene. Il monitoraggio può aiutare moltissimo in questo caso”.
Uno degli abitanti dell’isola, intervistato a tal proposito parla di “una terra continuamente ballerina dalla notte” anche se al momento “non siamo impauriti del tutto, cerchiamo di non farci caso quanto possiamo”.
Il livello di allerta sale quindi da "verde" a "giallo", con possibili ulteriori ritocchi nelle prossime ore. 
La mappa degli eventi

domenica 24 giugno 2012

Terremoto di magnitudo 5,7 in Cina: 2 vittime e almeno 100 feriti


PECHINO  - Sarebbero due le persone morte e almeno 100 quelle rimaste ferite a causa del terremoto di magnitudo 5,7 registrato nella provincia montagnosa sudoccidentale dello Yunnan. Lo riferisce l'agenzia Nuova Cina. Le vittime e la maggior parte dei feriti sono stati registrati nella contea di Ninglang, nella provincia dello Yunnan, con altri feriti nella contea di Yanyuan, nel Sichuan. Il terremoto è stato avvertito molto forte nella contea di Ninglang, dove le autorità locali hanno già disposto oltre 300 tende e generi di prima necessità0, dal momento che diverse abitazioni sono crollate. Nella città di Yongning le comunicazioni sono interrotte. Al momento diverse squadre di soccorso sono state inviate anche nelle zone più remote per cercare di fare un primo bilancio del terremoto, per quantificare i danni alle persone e alle cose per inviare gli aiuti necessari. 

sabato 23 giugno 2012

Rischi vulcanici, l’esperto: “Colli Albani, Campi Flegrei e Marsili sono più pericolosi anche del Vesuvio”


In Italia ci sono vulcani inattivi ma non estinti che rappresentano un pericolo ancor piu’ grande del Vesuvio. Ne e’ convinto l’accademico del Lincei Annibale Mottana: “Pensiamo ai Colli Albani a un passo da Roma – ha detto nel suo intervento nella capitale per la cerimonia di chiusura dell’Anno Accademico dell’Accademia dei Lincei - vulcani inattivi da alcuni millenni ma non estinti: saltuarie esalazioni di anidride carbonica ci avvisano che qualcosa sta maturando in profondita’. Oppure pensiamo ai Campi Flegrei– ha aggiunto – vicinissimi a Napoli, che hanno eruttato nel 1580 e che di tanto in tanto ancora segnalano la loro energia con assestamenti locali del suolo.   Tutti indizi d’attivita’ vulcanica che al momento passano sotto silenzio, con la motivazione di evitare allarmi nelle popolazioni. E che dire poi del Marsili? Dubito addirittura che molti siano a conoscenza che sul fondale del Mar Tirreno, equidistante tra Campania, Calabria e Sicilia, si eleva un vulcano colossale alto 3000 m e con la cima a 450 m sotto il livello del mare, che ha manifestato la sua attivita’ ancora nel marzo del 2011“, ha spiegato l’esperto sottolineando: “E’ un vulcano costruito in gran parte di rocce friabili che franano continuamente e che, in un crollo di massa, possono creare un pauroso maremoto esteso dal Lazio alla Sicilia. Con quali conseguenze? Una tale previsione e’ scientificamente impossibile: sappiamo bene che ci furono maremoti nel Tirreno, purtroppo, ma quanto sappiamo di scientificamente documentato risale ancora al caso di Messina del 1908: allora i morti furono piu’ di 80.000“.

Allarme dagli Usa: «Vesuvio bomba per tutta l'Europa».


NAPOLI - Il ticchettio non lo sentiamo neanche più, abituati come siamo a considerare il Vesuvio soltanto come parte del panorama; immagine da cartolina che la rivista Nature (ripresa dal National Geographic) smonta ricordando che il vulcano che domina il golfo di Napoli è «la bomba a orologeria d’Europa». Secondo Nature il rischio Vesuvio è sottovalutato, così come lo era l’ipotesi di un terremoto disastroso in Giappone. La prossima eruzione potrebbe essere peggiore di quanto prevista dal piano d’emergenza.
La giornalista Katherine Barnes, autrice del servizio, raccoglie diversi studi e li mette a confronto. Il punto di partenza è rappresentato dagli studi del team di Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano, che assieme ad altri studiosi già nel 2006 indagò sulla cosiddetta eruzione delle Pomici di Avellino, l’evento che circa 3.800 fa devastò l’intera Campania, con effetti ancora più disastrosi della successiva eruzione di Pompei del 79 d.C.
Il primo dato riguarda l’area da ritenere a rischio. La zona rossa comprende attualmente 18 comuni e circa 600mila residenti. Nature mette in discussione in piano di evacuazione e d’intervento. «Quando si appronta un piano di emergenza – sottolinea la rivista scientifica - occorre tener conto anche del cosiddetto ”worst-case scenario” cioè del peggiore caso possibile». Ed in effetti l’eruzione del Vesuvio con caratteristiche altamente distruttive metterebbe letteralmente in ginocchio non solo la Campania ma lo stesso sistema nazionale e, di conseguenza, l’intera Unione europea. Nature cita a proposito la teoria dei «cigni neri», vale a dire eventi poco probabili ma potenzialmente devastanti. 
Ma quali sono gli elementi che creano allarme? Mastrolorenzo e la sua collega Lucia Pappalardo hanno ipotizzato, sulla base di una serie di indagini sismologiche, l’esistenza di una vasta camera magmatica a circa 8-10 chilometri di profondità sotto il Vesuvio; segno di un possibile risveglio violento del vulcano. Lo studio ribadisce la possibilità che i flussi colpiscano anche al di là della cosiddetta «zona rossa», della quale da anni lo stesso Mastrolorenzo chiede l’estensione all’intera area urbana di Napoli, il che imporrebbe un’evacuazione di tre milioni di persone invece delle 600mila attualmente previste. 
Nature ha, quindi, interpellato anche i rappresentanti del dipartimento della Protezione Civile che ribattono come il piano di emergenza sia in continuo aggiornamento e che la valutazione del rischio viene compiuta «sulla base delle condizioni presenti del vulcano». Secondo il vulcanologo Warner Marzocchi dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia «non si può investire tutto in previsione del peggiore evento possibile: la riduzione del rischio deve basarsi su presupposti razionali. Un’evacuazione di tutti i tre milioni di abitanti dell’area urbana di Napoli sarebbe impossibile da gestire».
Mazzocchi e i suoi colleghi, segnala Nature, stanno sviluppando una serie di modelli probabilistici che potrebbero aiutare le autorità a valutare la situazione e a decidere le possibili soluzioni in caso di crisi. Un metodo simile a quello utilizzato dall'équipe di Peter Baxter dell’Università di Cambridge in occasione dell’eruzione avvenuta nel 1997 sull’isola di Montserrat, nei Caraibi. Le previsioni di Baxter consentirono di evitare l’evacuazione dell'intera isola. Per il Vesuvio, Baxter e i suoi colleghi hanno approntato un modello di previsione che tiene conto dei possibili scenari in caso di eruzione. In base allo studio, un’eruzione media come quella del 1944, con flussi di lava e moderate emissioni di cenere, resta l’evento più probabile. Qualora il vulcano dovesse risvegliarsi, la probabilità che lo faccia con un’eruzione pliniana, devastante come quelle di Pompei o di Avellino, viene calcolata intorno al 4%. Un simile approccio probabilistico, conclude l’articolo di Nature, sembra l’unico a disposizione di autorità e studiosi, in mancanza di sistemi più accurati per prevedere le eruzioni.

Ansa: Terremoti e vulcani sorvegliati speciali in Italia


Vesuvio, Marsili, Colli Albani, Campi Flegrei, e ancora, terremoti, maremoti e amianto: sono molti i pericoli al legati al complesso sottosuolo italiano, un vero e proprio mosaico composto da 63 tessere. In occasione della chiusura dell'anno accademico dell'Accademia dei Lincei il geologo Annibale Mottana ha illustrato i molti pericoli legati alla 'geodiversita'' italiana invitando le istituzioni a una maggiore attenzione al tema, a cominciare dal completamento della Carta Geologica italiana.
Mappa geologica: Avviata nel 1988, la Carta Geologica (Carg) avrebbe dovuto rappresentare una fondamentale fonte di informazioni per monitorare il territorio ma il progetto è stato interrotto nel 2004 quando era stato studiato poco meno del 40% del territorio nazionale. La mappa nasceva dalla collaborazione tra Stato e Regioni, coinvolgendo enti territoriali, Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e dipartimenti universitari.
Vulcani: I pericoli numero uno si chiamano Colli Albani, Vesuvio, Campi Flegrei e Marsili. L'attività dei molti vulcani del territorio italiano è monitorata costantemente, ma i pericoli connessi a eventuali eruzioni non sono generalmente tra le attenzioni primarie delle amministrazioni locali. A partire dai Colli Albani, a un passo da Roma, fino ai Campi Flegrei, vicini a Napoli, che di tanto in tanto mostrano piccoli segni di attività nel sottosuolo. Vesuvio e Vulcano, sono vulcani 'dormienti' ma costituiscono due problemi effettivi: "quando il Vesuvio deciderà di dare avvio al suo prossimo ciclo eruttivo comincerà con un'esplosione", ha spiegato Mottana, e il tempo a disposizione per l'evacuazione potrà essere di minuti o al massimo poche ore, considerata l'insufficienza delle vie di fuga. "Bisogna dire senza tanti eufemismi che il mezzo milione di persone che abitano le pendici del Vesuvio sarà destinato in gran parte a perire". E' ancora il poco noto Marsili, un gigante sottomarino alto 3.000 metri e il pericolo maremoti nel Tirreno, a Messina nel 1908 si ebbero 80.000 morti.
Terremoti: Le recenti esperienze de L'Aquila e dell'Emilia dimostrano come l'Italia non abbia saputo coniugare la prevenzione dai rischi naturali con il suo sviluppo e, ha sottolineato Mottana, "ciò che più preoccupa è l'atteggiamento degli amministratori. Non c'é nessuna giustificazione possibile per le deroghe che essi concedono alla corretta edificazione, peggio se nei luoghi dove il rischio sismico è particolarmente frequente".
Amianto: I pericoli legati al sottosuolo possono anche essere più estesi ma difficili da individuare, come nel caso dell'amianto e molti altri composti pericolosi legati alle operazioni minerarie. L'amianto, ha spiegato ancora Mottana, "rappresenta un esempio del rapporto conflittuale che esiste tra lo sprovveduto uso delle risorse del nostro territorio e la sicurezza sociale e sanitaria dei suoi abitanti".

giovedì 21 giugno 2012

Esplosiva eruzione del vulcano Cleveland, in Alaska. Colonne di cenere fino a 35.000 piedi di altezza

Il vulcano Cleveland, circa 1730 metri di altezza, situato a 940 miglia a sud-ovest di Anchorage, ha avuto un eruzione esplosiva intorno alle 02:05 ora locale di martedì, secondo quanto riferito dall'Alaska Volcano Observatory. Un aereo che vola in zona ha stimato che la nube di cenere ha raggiunto i 35.000 piedi sul livello del mare. Tuttavia le immagini satellitari mostrano solo una debole attività del vulcano, mostrando una nube di cenere sottile che rapidamente si è andata dissipando. Secondo Stephanie Prejeran "E' stata solo un'esplosione, che è molto tipica del Cleveland, proprio come successo l'anno scorso".
I piloti degli aerei che frequentano costantemente la zona sono stati avvertiti dei rischi potenziali del vulcano, che potrebbe eruttare di nuovo. Cleveland a volte "trasudava" lava dal suo cratere sommitale accompagnata da occasionali piccole esplosioni, nessuna dei quali aveva causato una nube di cenere che superasse i 20.000 piedi di altezza. Quota questa raggiunta, per l'appunto, nella giornata di martedì.
Anche se Cleveland è uno dei dieci più attivi vulcani dell'Alaska, esso non ha un necessario e costante monitoraggio. L'Alaska Volcano Observetory deve basarsi per le proprie analisi dalle immagini satellitari, come per esempio la frequenza dei fulmini, le testimonianze per determinare se effettivamente l'eruzione ha avuto luogo.
Nel frattempo proprio due forti scosse di terremoto hanno colpito l'area nella giornata di martedì, tra cui la più forte di 6.0 M registrata a nord-ovest di Attu, l'Isola più occidentale della catena delle Aleutine in Alaska. Intanto l'allerta eruzione del vulcano Cleveland è stata abbassata dal livello giallo a quello aracione.