Fuga di metano dall’Artico: una ricerca condotta in Alaska ha
individuato ben 150.000 ”vie di fuga” nei ghiacciai della regione
occidentale artica. Ad aprile è il progressivo arretramento dei
ghiacciai, che espone alle temperature più calde il permafrost, ossia lo
strato di terreno perennemente ghiacciato nel quale sono intrappolate
grandi quantità di Metano. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature
Geoscience, è stata condotta dall’università dell’Alaska a Fairbanks,
nell’ambito della rete per il monitaggio del metano nei laghi artici
(Pan Arctic Lake Ice Methane Monitoring Network, Palimmn). Il risultato
dimostra come le risalite naturali di gas siano più diffuse e abbondanti
di quanto sia mai stato previsto, con flussi di gas in atmosfera spesso
superiori a quelli prodotti dai processi biologici. Conferma così i
dati raccolti finora da ricerche italiane sulle emissioni naturali di
metano dalla crosta terrestre, osserva Giovanni Etiope dell’Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), commentando lo studio
nello stesso numero della rivista.
”Il metano dai ghiacci artici cui facciamo riferimento è lo stesso
metano geologico che si trova in tutti i giacimenti petroliferi del
mondo”, osserva Etiope. Le emissioni di metano geologico rilevate in
Alaska si sviluppano principalmente al margine delle coltri glaciali,
dove il ghiaccio si è sciolto negli ultimi secoli, a partire dalla
piccola era glaciale del 1600-1700. ”Queste manifestazioni naturali di
gas – aggiunge – suggeriscono che le emissioni geologiche potrebbero
addirittura aumentare in caso di scioglimento dei ghiacci nelle aree
petrolifere polari”.Il metano è un gas serra 25 volte più potente
dell’anidride carbonica. E’ stato prodotto in passate ere geologiche
dalla degradazione della sostanza organica in rocce più o meno profonde e
si è accumulato nei giacimenti petroliferi e di gas naturale. Questi
serbatoi naturali non sono completamente ‘sigillati” ed è perciò
frequente che il gas risalga fino alla superficie terrestre.
Le emissioni geologiche di metano sono quelle emissioni naturali di
gas serra che risalgono da rocce profonde lungo le fratture della crosta
terrestre. L’impatto nell’atmosfera delle emissioni geologiche artiche
per ora non è significativo: “ciò che conta è l’emissione globale e
l’ultima stima è di almeno 60 milioni di tonnellate l’anno”, dice
Etiope. “Questo vuol dire – aggiunge – che il degassamento naturale
della crosta terrestre rappresenta la seconda fonte naturale di metano
per l’atmosfera, dopo le terre umide o paludi”. Si tratta di emissioni
che non sconvolgono il clima ed è solo una componente delle emissioni
totali, circa 580 milioni di tonnellate l’anno, ma chiarisce la
situazione delle fonti naturali. “Mentre siamo in grado di ridurre
quelle dell’uomo, non possiamo controllare le emissioni naturali,
soprattutto quelle geologiche, che in futuro – conclude – potrebbero
aumentare enormemente se i ghiacci diminuissero, accelerando così i
cambiamenti climatici”.
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